Dal 2012 al 2017 il divario con gli uomini si è dimezzato tra gli operai ma è raddoppiato tra i dirigenti.
C’è (almeno) una cosa su cui i dirigenti hanno tanto da imparare dagli operai. Ed è la stessa che manca al mondo delle grandi star dello sport, ma non a moltissimi (e più anonimi) atleti. Che cosa? Un trattamento economico simile — se non uguale — tra uomini e donne: che siano gli stipendi, i bonus o gli ingaggi. Insomma: stesso rendimento, stesso compenso. Prendiamo lo sport: nell’ultima classifica della rivista «Forbes» sui 100 atleti più pagati del mondo c’è solo una donna. Alla posizione numero 51, con i compensi ante gravidanza, è Serena Williams, ultima tra i sei tennisti della lista. Ma basta scendere qualche piano e si cambia: nell’83% delle discipline sportive analizzate dalla «Bbc», uomini e donne sono pagati alla pari. Solo nel 2014 la percentuale era al 70% e nel 1973 addirittura a quota zero.
Una cosa simile succede anche nelle aziende italiane. Ai piani alti il «gender pay gap» — la differenza di stipendio tra uomini e donne — è più che raddoppiato negli ultimi cinque anni: tra i dirigenti è salito dal 5,1% del 2012 all’11,8% del 2017 (come tendenza). Mentre in fabbrica si è dimezzato: per gli operai è sceso dal 16% all’8,1%. Sono i dati di OD&M Consulting, società di Gi Group specializzata in consulenza nelle risorse umane, che ha preparato il suo 24esimo Rapporto sulle retribuzioni in Italia con i dati del primo semestre 2017.