l Rapporto Mondiale sulla Felicità (edizione 2025) attira i media per la classifica della felicità dei Paesi che è in realtà la sua parte meno interessante. La classifica è infatti la cosa scientificamente più opinabile perché le misure di soddisfazioni di vita sono difficilmente comparabili tra diversi individui e ancor più tra Paesi dove, oltre alle differenze individuali, entrano in campo fattori culturali e persino linguistici. È infatti ben noto che gli anglosassoni usano per dire felicità un termine (happiness) che ha la sua radice nel verbo to happen (accadere) che dà maggiore importanza alla sorte nella determinazione della felicità mentre per i latini la radice della parola ha a che fare con il concetto di fecondità e generatività e dunque di abito virtuoso della vita dipendente molto più da decisioni individuali che dal caso. Nei lavori scientifici per ovviare al problema si usa il metodo delle vignette, ovvero si chiede a persone di diversi Paesi di giudicare il livello di felicità di un individuo raffigurato in un’immagine e in una determinata situazione e si usa poi la differente valutazione per “accordare” le valutazioni quantitative di felicità.
La parte più interessante del Rapporto sono i vari lavori di ricerca tutti centrati in questa edizione sul rapporto tra relazioni e felicità. Da questo punto di vista esistono ormai due fatti ben noti in letteratura. Primo, la pro-socialità e la qualità della vita di relazioni contribuiscono in misura molto importante a soddisfazione e ricchezza di senso di vita. Secondo, la qualità delle relazioni è anche un fattore decisivo della performance delle aziende (coesione è competizione come dimostrato in diversi lavori).