I dati emergono dalla sesta edizione del “Med & Italian Energy Report”, relativo al 2024. L’apporto di eolico e solare è triplicato rispetto al 2020. Nello stesso periodo l’uso del carbone è sceso dal 32% al 12%
Abbastanza bene per le rinnovabili, decisamente male in quanto a dipendenza dall’estero. Tra le grandi economie globali, l’Unione europea è quella che più necessita di importare energia da altre parti del globo. Nel 2024, questo import si è attestato al 58%. Una percentuale decisamente alta, se confrontata con quella della Cina, che importa il 20% dell’energia necessaria al suo fabbisogno, o con quella pari a zero degli Stati Uniti. La luce, in questo scenario dominato dalle ombre, proviene dalle rinnovabili, che sempre nel 2024 hanno coperto il 45% della generazione elettrica europea, in netta crescita rispetto al 15% del 2000. Nello stesso periodo, l’uso del carbone è sceso dal 32% al 12%. Tutti questi i dati vengono evidenziati nella sesta edizione del rapporto “Med & Italian Energy Report”, o Enermed 2025, presentato ieri al Parlamento europeo. Frutto della collaborazione tra Srm (centro studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo) ed ESL@EnergyCenter Lab del Politecnico di Torino, il rapporto mette sotto i riflettori l’impatto della dipendenza energetica sulla competitività globale dell’Ue.
Il titolo dell’indagine, quest’anno, è “The energy transition in the Mediterranean between sustainability and security: a dynamic think-tanking approach”. Transizione e apporto delle rinnovabili fanno da protagonista, ma per quanto ci riguarda il quadro non è un granché. L’Italia, nell’ambito dei 27 Paesi membri, è infatti quella che registra la dipendenza maggiore dagli Stati esteri produttori di energia, pari al 74,8%. Una percentuale decisamente ancora molto alta e ben al di sopra della media europea. Questo valore, si legge nel rapporto, è però in calo di quasi tre punti percentuali rispetto al dato del 2019, prima della pandemia, quando la dipendenza era del 77,5%. Allo stesso tempo, il livello di stoccaggio è tra i più alti in Ue: all’inizio della stagione di prelievo – cominciata il 1° novembre – era pari al 98,5%.